L’istruzione è uno dei traguardi dell’Agenda 2030.  Un obiettivo che punta al raggiungimento di una formazione di qualità, equa ed inclusiva con opportunità di apprendimento per tutti entro il 2030. Una crisi educativa è già in atto, ma con un approccio collaborativo tra tutti gli attori coinvolti si possono innescare cambiamenti volti a riequilibrare le relazioni tra esseri umani, natura e tecnologia.

di Alessandra Di Stefano

Il 24 gennaio si celebra la Giornata Internazionale dell’Educazione istituita dall’Unesco nel 2018. Quest’anno il tema scelto dalle Nazioni Unite “Changing Course, Transforming Education” pone al centro del dibattito internazionale la necessitàdi dare vita ad un nuovo contratto sociale a sostegno dell’educazione. Le Nazioni Unite sottolineano che per realizzare il diritto fondamentale di tutti all’istruzione sono necessari cambiamenti volti a riequilibrare le relazioni tra esseri umani, natura e tecnologia. Oggi, 258 milioni di bambini e giovani non vanno a scuola, 617 milioni non sanno leggere e hanno difficolta in matematica, meno del 40% delle ragazze in Africa Subsahariana riesce a completare la scuola secondaria inferiore e circa 4 milioni di rifugiati in età scolare non possono frequentare le lezioni. Ciononostante, il 65% dei governi nei Paesi a basso e medio reddito e il 35% nei Paesi a reddito medio alto e alto hanno ridotto i finanziamenti per l’istruzione dall’inizio della pandemia.

La crisi innescata dal Covid-19 ha esacerbato una crisi educativa preesistente. Secondo il rapporto pubblicato da Banca Mondiale, UNESCO e UNICEF “The State of the Global Education Crisis: A Path to Recovery”[1] a causa della chiusura delle scuole legata alla pandemia, l’attuale generazione di studenti rischia di perdere 17 trilioni di dollari di guadagni nel corso della vita. La nuova proiezione rivela che l’impatto è più grave di quanto si pensasse e supera le stime di 10 trilioni di dollari pubblicate nel 2020. La devastazione generata dal Covid-19 nei Paesi poveri è soprattutto di natura economica e sociale e le conseguenze più durature potrebbero riguardare proprio istruzione e competenze, quello che gli economisti chiamano “capitale umano”. La chiusura delle scuole è stato un problema grave ovunque. In tutto il mondo, 1,6 miliardi di studenti hanno interrotto le lezioni. Tuttavia, in Africa e in altre aree a medio e basso reddito le aule sono rimaste chiuse più a lungo. A due anni dall’inizio della crisi, due studenti su tre sono ancora colpiti dalla chiusura totale o parziale delle scuole. In queste aree, la povertà di apprendimento potrebbe salire dal 53%  al 70% a causa del perdurare delle chiusure e dell’inefficacia dell’apprendimento a distanza[2]. Nei Paesi più fragili le statistiche sull’abbandono scolastico parlano di 1 bambino su 5 a rischio abbandono. Si stima che 24 milioni di bambini in tutto il mondo non torneranno più a scuola. Per molti studenti la chiusura delle scuole ha significato due anni senza alcuna istruzione. Questo perché l’accesso all’apprendimento da remoto è limitato o inesistente a causa di una serie di fattori, tra cui la mancanza di connessione e l’assenza di dispositivi digitali adeguati, quali computer o cellulari. In alcune aree dell’Africa Subsahariana, dove meno del 20% della popolazione ha accesso a internet, l’apprendimento a distanza si è concretizzato in programmi televisivi o radiofonici. Tuttavia, non ci sono evidenze dell’efficacia di questi sistemi di insegnamento; nei programmi televisioni o radiofonici, gli insegnanti si limitano a leggere le lezioni ad alta voce e non hanno nessuna possibilità di interagire con gli studenti e verificare i risultati raggiunti. Per altre famiglie, il problema non è l’accesso a internet ma l’elettricità. Secondo uno studio condotto in Africa da Human Right Watch U.S., durante la pandemia molti bambini non hanno ricevuto nessun tipo di istruzione. Nonostante le lezioni online e la presenza di cellulari in famiglia, il traffico dati a loro disposizione non era sufficiente per partecipare alle lezioni e molti sono rimasti indietro. Inoltre, quando le scuole chiudono le ragazze sono colpite con maggiore durezza. Rischiano di incorrere in matrimoni e gravidanze precoci, abusi domestici e sfruttamento del lavoro minorile. I ricercatori dell’Unesco temono che circa 11 milioni di bambine non torneranno più a scuola.

L’Educazione occupa un posto centrale nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030. Le Nazioni Unite hanno dedicato all’istruzione l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 4, che punta a raggiungere entro 2030 “un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”. Già prima dell’arrivo del Covid i progressi per il raggiungimento dell’OSS 4 era risultati frammentati con evidenti disparità tra diversi gruppi di popolazione. Per garantire che bambini e adolescenti completino la scuola primaria e secondaria entro il 2030, tutti i bambini in età scolare avrebbero dovuto iniziare la scuola nel 2018, ma nei paesi a basso reddito solo il 70% lo ha fatto. Nel 2019, i tassi globali relativi al completamento della scuola primaria e secondaria (Indicatore 4.1.2 dell’OSS 4) erano rispettivamente dell’85% e 53% mentre in Africa Subsahariana il tasso di completamento delle scuole primarie era del 64% e quello relativo alle scuole secondarie si attestava sul 29%. Anche l’Indicatore 4.1.1 dell’OSS 4, che misura la percentuale di bambini e giovani che alla fine della scuola primaria e secondaria inferiore raggiunge un livello di competenza minima in lettura e matematica, non ha fatto registrare progressi significativi. Nel 2019, l’Istituto di Statistica dell’Unesco ha stimato che a livello globale solo il 56% dei bambini aveva abilità di lettura, dato che in Asia e Africa Subsahariana raggiunge rispettivamente l’81% e l’87%. Studi e ricerche prevedono che la pandemia farà scendere sotto della soglia di apprendimento oltre 100 milioni di bambini portando il numero totale di studenti con limitate abilità di lettura a 584 milioni. Il recupero dei deficit di apprendimento a livello globale potrebbe avvenire entro il 2024, ma solo se verranno compiuti sforzi eccezionali.

Da quasi due anni la popolazione mondiale è stretta nella morsa di una pandemia che non è la stessa per tutti. Nel mondo ricco il Covid-19 è diventato una delle principali cause di morte. Nei paesi poveri, invece, la principale causa di devastazione non è la malattia ma i suoi effetti collaterali. Le misure prese a livello globale per contrastare gli effetti della pandemia in ambito educativo hanno generato impatti e vulnerabilità diverse tra paesi ricchi e poveri. Come sottolineano le Nazioni Unite, nel mondo post-pandemico il rilancio dell’educazione passa dall’elaborazione di un nuovo contratto sociale. Tale contratto dovrà basarsi su due principi fondanti: garantire il diritto all’istruzione e alla formazione di qualità durante tutto l’arco della vita e rafforzare il ruolo dell’istruzione come bene pubblico e comune, rinnovando l’impegno a una più giusta ed equa collaborazione mondiale tra tutti gli attori coinvolti. Solo un approccio collaborativo potrà accelerare il ritmo del cambiamento verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

[1] https://documents.worldbank.org/en/publication/documents-reports/documentdetail/416991638768297704/the-state-of-the-global-education-crisis-a-path-to-recovery

[2] La Banca Mondiale e l’Istituto di Statistica dell’UNESCO hanno costruito congiuntamente il concetto di Learning Poverty che misura la capacità di leggere e comprendere un testo semplice entro 10 anni d’età. Questo indicatore riunisce due componenti: apprendimento e partecipazione. Esso misura il raggiungimento dei livelli minimi di capacità di lettura mappati su bambini di 10 anni incrociandoli con la percentuale di bambini che non vanno a scuola e si presume che non siano in grado di leggere in modo competente.