La maglia, una storia dalla trama complessa
Dietro a un maglione c’è un mondo fatto di persone, tradizione, risorse impiegate per realizzare quel capo. Ecco alcuni consigli per prendersene cura, sfatare qualche mito e scoprire cosa ha in serbo la tecnologia per allungarne il ciclo di vita.
di Redazione
La maglieria è un’arte antica, che ha origini nel periodo del neolitico e che nel tempo, da semplice tecnica di tessitura, si è evoluta fino a diventare una forma di artigianato prima e un’industria globale in continua evoluzione oggi[1].
La tradizione della maglieria italiana come la conosciamo attualmente è il frutto del cosiddetto fenomeno Carpi, che negli anni ’50 dalla cittadina emiliana si propaga a macchia d’olio in Emilia, in Toscana, in Umbria, in Veneto, in Piemonte, in Lombardia: complice anche l’arrivo delle prime balle di lana e cotone dell’European Recovery Plan, l’avvento massiccio delle fibre chimiche con i filati di viscosa, di acetato, di nylon e la scoperta delle fibre acriliche, del poliestere. Da lì poi il boom dell’export italiano, prima negli Stati Uniti e poi in Europa, fino all’inizio degli anni ’70 quando si profila un momento di crisi, dal quale le aziende provarono a uscire alzando il tiro, rinvigorendo il contenuto moda, personalizzando il prodotto con una forte politica di marchio e d’immagine[2].
Missoni, icona di stile della maglieria italiana
Tra queste c’è il caso esemplare di Missoni, la cui co-fondatrice Rosita Missoni è recentemente scomparsa – ne ha parlato anche Radio Popolare dedicandole una puntata del programma “Vieni via con Me”. Nel 1972 il New York Times decreta: “I Missoni fanno la migliore maglieria del mondo e, secondo qualcuno, la moda più bella del mondo”[3].
La prima sfilata del brand nel 1966 presso il Teatro Gerolamo di Milano registra un grande successo grazie alla presentazione di una collezione di rottura rispetto agli schemi tradizionali nell’uso della maglia. Gli abiti Missoni danno vita ad una nuova interpretazione grafica nell’abbigliamento: zigzag, righe, onde e fili fiammati, patchwork geometrici e floreali. Colori e creatività: questi sono i punti cruciali della poetica dei Missoni, che hanno saputo creare uno stile inconfondibile.
Rosita Missoni ricordava, sorridendo, che la prima collaborazione con Rinascente non fu apprezzata molto, ed era solita raccontare i commenti poco lusinghieri dei passanti di fronte ai manichini nelle vetrine. Nonostante questo, Missoni si è imposto negli anni come brand centrale e unico nel suo genere.
Spulciando nei negozi vintage, un capo di Missoni è facilmente riconoscibile anche dai più inesperti: l’uso dei filati colorati e di pregio, del zig zag e geometrie hanno fatto il tratto distintivo della maison italiana. Per questo motivo i capi di Missoni sono ancora e rimarranno un must have, un prodotto senza tempo.
Avere un pezzo di Missoni nell’armadio non vuol dire avere solo un capo unico nella sua autenticità ma anche un pezzo di storia di moda made in Italy.
Pilling, come prevenirlo (fino a un certo punto)
Come prendersi quindi cura di un capo del genere, ma anche di qualsiasi capo di maglieria nel nostro armadio? Un fenomeno infatti molto comune in questo tipo di indumenti è il pilling la formazione dei pallini che, contrariamente a quanto si può pensare, non sono segno di bassa qualità del filato, ma anzi indicano la presenza di una fibra delicata e pregiata. Si tratta infatti della quantità di fibra in eccesso che con gli utilizzi e con il tempo fuoriesce dalla tessitura del capo in maglia. Questo fenomeno avviene principalmente per sfregamento. Esistono alcuni rimedi per contrastarlo, anche originali: ad esempio sfruttando il freddo e mettendo il capo chiuso in un sacchetto di plastica in freezer per un paio di giorni, oppure lavandolo a freddo in acqua e aceto. In alternativa, ci sono anche strumenti per eliminare i pallini, come il leva pelucchi elettrico, dei piccoli pettini fatti apposta o per i più coraggiosi, il rasoio (bisogna fare molta attenzione a non tagliare la maglia).
Lunga vita alla maglia!
Prendersi cura di un capo è il primo passo per farlo durare il più a lungo possibile. Tuttavia, quando quel maglione tanto amato non fa più per noi, il suo destino può prendere diverse strade. A meno che tu non decida di regalarlo ad amici o parenti, infatti, dal 2022 (anno di entrata in vigore in Italia dell’obbligo della raccolta differenziata della frazione dei rifiuti tessili) la legge prevede che la maglieria, così come tutti i materiali tessili non più utilizzati, siano affidati agli operatori autorizzati al loro trattamento. Humana People to People Italia è in questo settore leader nella raccolta, selezione e vendita di capi usati. La campagna Threads of Change permette di approfondire come il settore del second hand del tessile opera per ridurre l’impatto ambientale dell’industria tessile e offrire significativi benefici sociali ed economici, aprendo la strada alle politiche dell’UE relative all’efficienza delle risorse, alla gestione dei rifiuti, alla trasparenza e al consumo responsabile.
Cosa avviene quindi quando un maglione arriva nel centro di selezione di Humana Italia? Se il maglione è in buono stato può essere riutilizzato, quindi viene destinato alla vendita ad esempio in uno dei nostri 18 negozi in Italia o attraverso il canale e-commerce.
Quando un capo invece è troppo rovinato per essere riutilizzato, viene preparato per essere riciclato. Nell’impianto Humana sono presenti due categorie di riciclo per i maglioni usurati: la prima è il cashmere, che comprende maglioni composti prevalentemente da questa fibra ma che possono essere composti in parte anche da altre fibre naturali. È una categoria di riciclo molto pregiata che, per quanto riguarda la nostra filiera, viene sottoposta a processi di riciclo meccanico. La seconda è definita genericamente “maglia” ed è una categoria invece abbastanza variegata che comprende capi in cotone, lana, misto lana (e anche pile). Attualmente il percorso di riciclo di questa categoria è abbastanza lungo, ma stanno partendo dei nuovi progetti pilota italiani, anche in vista della nuova normativa legata al tessile e alle nuove direttive UE. In generale il riciclo può portare alla creazione di nuova fibra oppure trattarsi di fatto di downcycling e quindi produrre nuovi materiali per i settori ad esempio dell’automotive (tappetini e rivestimenti) o dell’edilizia (pavimentazione, pannelli fonoassorbenti). Si stanno sperimentando anche altre tecniche attraverso cui ad esempio polverizzare il materiale e con processi di stampa 3D realizzare nuovi oggetti.
In attesa che lo sviluppo tecnologico porti a nuove frontiere, una buona pratica è di privilegiare, soprattutto nell’acquisto di capi nuovi, quelli composti da una, massima due fibre, perché saranno quelli le cui fibre potranno essere realmente riciclate per produrre nuovi capi. La fibra principale, ad esempio la lana, non dovrebbe essere sotto il 70% se si vuole garantire un futuro processo di riciclo efficace. E dopo aver acquistato un capo, rileggiamo l’etichetta quando sarà il momento di lavarlo così da assicurarci di trattarlo nel modo corretto per farlo durare il più a lungo possibile.
[1] https://lanaioli.it/blogs/notizie/breve-storia-della-maglieria-dal-lino-alla-lana-merino?srsltid=AfmBOoptRjQnnuuV_cQYgmwB6408Vjz-WZjrzQlceK6HGlcNC59rcXMb